Dispositivi equipaggiati con l'AI? Anche no

[lun 17 giugno 2024]

Grande delusione per alcuni wearable con AI a bordo



Non sono affato giorni di gloria per le numerosissime startup disseminate in tutto il mondo che hanno investito tempo e risorse economiche, non poche, nell'implementazione di wearable o meno che vantano l'AI tra le loro dotazioni di serie. Certo, all'inizio l'entusiasmo era tanto e condiviso e, soprattutto, le aspettative si sono mostrate da subito altissime, ma l'esito è stato ben lontano da quello sperato. 

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La conclusione è che la maggior parte dei device messi in commercio in questi ultimi mesi dalle società più disparate, felici di seguire l'onda e di rispondere alle esigenze degli utenti, anche quelle non palesemente espresse, ha deluso e molto sia i consumatori che gli esperti del settore. Purtroppo e senza peccare di eccessiva durezza possiamo parlare di un vero e proprio flop su tutta la linea dei wearable AI.

Vediamo insieme qualche esempio illustre che si è coperto di critiche e che a fatica riuscirà a trovare lo spazio desiderato nel cuore dei consumatori.

AiPin by Humane

Questa primavera, dopo anni di lavoro, la startup Humane ha lanciato il suo dispositivo indossabile che al prezzo non proprio economico di 700 dollari promette agli utenti di facilitare loro la vita nell'oceano infinito delle app. AIPin punta tutto sull'AI e il suo sistema operativo può "cercare l'intelligenza artificiale giusta al momento giusto", così da consentire di riprodurre musica quando vogliamo o di tradurre un testo quando necessario. Il tutto eliminando completamente l'interazione con lo schermo perché è sprovvista di display.

Nonostante i buoni propositi, il device si è dimostrato molto deludente, tanto da beccarsi una stroncatura senza appello da parte di WiredUS che gli ha dato una grave insufficienza, appena un 4 su 10. Come se non bastasse, negli ultimi tempi, è emerso anche il rischio che il dispositivo possa prendere fuoco. Insomma, da cassare fino a prova contraria. 

Rabbit R1

Stessa sorte è toccata anche al più economico Rabbit R1, prezzo di 200 dollari, che, presentato come un "compagno tascabile" basato sull’AI generativa, ne abbiamo parlato qui, mettendo ben in evidenza anche i limiti, è stato tutt'altro che apprezzato dal mercato. Sempre WiredUS gli conferisce, addirittura, un voto anche peggiore di quello attribuito a AIPin, appena 3 su 10, a cui si accompagnano critiche da più parti che lo definiscono: insoddisfacente, incompleto, poco curato e inaffidabile. Bocciato. 

I due casi analizzati non rappresentano, certo, una novità nel campo dell'innovazione tecnologica. Il settore è da sempre costellato da grandi fallimenti. Quello che, però, emerge in modo chiaro e che ci consente di fare un'analisi più approfondita, è il fatto che il flop riguarda soprattutto società nuove, giovani e con poca o immatura esperienza nel settore. Un campo tanto competitivo e strategico come quello dell'hardware non è luogo dove ci si può improvvisare, soprattutto perché la lotta è spesso impari contro dei veri titani che difficilmente sbagliano i propri colpi. 

"Per creare davvero un nuovo dispositivo AI di rilievo- afferma sulle pagine di Wired  M. G. Siegler, partner di GV, la società di venture capital di Alphabetè necessario avere sia l'hardware che il software, e la domanda che ci si pone con alcune di queste startup è quanto questo software sia solo apparenza". Siegler è convinto che, a differenza dei giganti del settore che possono vantare un'infrastruttura già consolidita ed economicamente possono permettersi anche investimenti su nuovi prodotti senza rischiare praticamente nulla, le startup sono meno solide, dal punto di vista economico più instabili e spesso si lanciano in progetti troppo impegnativi per le loro tasche e per loro conoscenze. 

Il caso di Rabbit R1 e di AIPin sono solo due esempi di come, galvanizzati dalla moda dell'intelligenza artificiale, ormai onnipresente, queste società hanno fatto il passo più lungo della gamba, sottovalutando le difficoltà di sviluppo di un harware equipaggiato con AI di tipo generativo. Un'impresa tutt'altro che semplice che rischia di trasformarsi in un boomerang. 

La Redazione


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