Cosa c'è che non va nel device di cui tanto si è parlato nel corso dell'ultimo Ces di Las Vegas? Cosa non convince dell'assistente smart basato sull'AI? Cosa non piace di Rabbit R1, il device che avrebbe l'ambizione di prepensionare Alexa e Siri? Andiamo per gradi e, prima di darvi la nostra opinione su Rabbit R1, un'idea che si basa su constatazioni reali e concrete delle potenzialità e dei difetti del dispositivo tascabile per metà svedese, ve lo presentiamo.
Rabbit R1 è figlio di una startup specializzata in intelligenza artificiale, mentre il passaporto svedese gli arriva dall'azienda Teenage Engineering con la quale la Rabbit lo ha co-progettato. Non è un indossabile ma le sue dimensioni piuttosto ridotte e maneggevoli, un tutto touchscreen da 2,88 pollici, gli conferiscono il pieno di diritto di essere definito un dispositivo tascabile, da tenere comodamente sul palmo di una mano. Di colore rosso arancio si presenta, appunto, come un tutto schermo da un lato con una rotella per lo scorrimento analogico dall'altro. In alto, sopra la rotella, c'è posto per una fotocamera da 8 MP che può ruotare di 360 gradi, la cosiddetta Rabbit Eye.
Andando ancora di più nel dettaglio, scandagliando davvero ogni angolo dell'assistente smart dal grande potenziale, troviamo una batteria da 1.000 mAh progettata per durare tutto il giorno, almeno così dicono, connessioni WiFi, il GPS, l’USB- C per la ricarica, lo slot per le SIM 4G LTE e il Bluetooth 5.0. Al suo interno c’è il processore: il MediaTekHelio P35 da 2,3 GHz affiancato da una RAM da 4 GB e da 128 GB di memoria. Il processore, in effetti non è prorpio recentissimo, anzi, né così particolarmente performante ma tanto basta per Rabbit R1. Il costo del device è di 199 dollari a cui andrà aggiunto quello per la connessione. Le consegne anche in italia sono partite da più di 2 mesi con discreti risultati di vendita.
Ora che abbiamo conosciuto più da vicino l'assistente smart di Rabbit, capiamo bene cosa può fare. A guardarlo bene assomiglia non poco ai vecchi lettori multimediali dal bel design e dalle dimensioni, appunto, molto compatte. La sua funzione principale è quella di dare una risposta agli interrogativi dell'utente e, a differenza di Chat GPT, lo fa attraverso un Lam, Large Action Model, di grandi dimensioni che amplifica notevolmente le potenzialità del device. Inoltre, il sistema operativo, proprio come avviene con i chatbot, è progettato per essere addestrato dall'utente così da diventare sempre più preciso e puntuale nei feedback restituiti.
Il backend del device, infatti, sfruttando il mix tra modelli linguistici di grandi dimensioni (LIM) e il Large Action Model (Lam) sviluppati da Rabbit Inc., impara dagli utenti replicando il loro modo d'interfacciarsi e di risolvere i quesiti. L'azienda ha già fatto da maestro al dispositivo, insegnandoli molte azioni pensate per le app più popolari. E siamo solo all'inizio, le sue capacità non potranno che aumentare.
A dispetto di quanto detto in modo, ovviamente, molto sensazionalistico nelle varie campagne di presentazione e promozione del device, Rabbit R1 non può e non vuole sostitursi allo smartphone. Non è equipaggiato con app al suo interno, non permette di vedere film o giocare, ma, può svolgere per noi quei compiti considerati piuttosto noiosi, come chiamare un taxi, prenotare un ristorante, acquistare un biglietto aereo o aggiungere un brano alla nostra playlist più ascoltata. L'assistente smart si prenderà qualche secondo per analizzare la richiesta per poi restituire sullo schermo i risultati della ricerca e dare la risposta o portaare a termine il compito affidatogli dall'utente.
Insomma, Rabbit R1 sbriga per noi le "faccende", liberandoci dall'onere di fare ciò che ci annoia e che preferiamo di gran lunga delegare. Ma è davvero così?
La risposta è no, o almeno, è no per noi che abitiamo lo Stivale. Il nostro no categorico all'acqusito di Rabbit R1 rivolto ai potenziali utenti italiani è la conseguenza diretta di una considerazione tanto semplice quanto fondamentale. Tra le varie lingue che si possono impostare per il dispositivo, l'italiano non c'è. Non vi è traccia della lingua figlia del Dolce Stil Novo, nessuna possibilità di scegliere l'idioma dantesco. Niente, nulla, zero assoluto.
Questa assenza diventa davvero assordante per noi, visto che alla base del funzionamento del device c'è proprio la possiblità di dialogare con lui, addestrandolo a comprendere al meglio le nostre rischieste per poi poterle eseguire. Farlo in inglese, se non si ha una conoscenza fluente della lingua, risulterebbe impossibile e renderebbe l'assistente praticamente inutilizzabile. Un altro aspetto che ci fa storcere un po' il naso nel consigliarne l'acquisto è il processore piuttosto datato seppur sufficiente, dicono dall'azienda, per far svolgere al dispositivo le funzioni per le quali è stato progettato.
Dunque, per il momento il Rabbit R1, almeno per noi in Italia, può aspettare anche se non è detto che dall'azienda non decidano di aggiungere altre lingue, inclusa la nostra. Allora, se ne potrà riparlare... in italiano.
La Redazione