La fibra ottica, alleata indispensabile della nostra quotidianità, ha rappresentato una vera e propria rivoluzione tecnologica di cui noi siamo al contempo attori e spettatori. Come ogni innovazione così impattante, capace di cambiare nel profondo le nostre abitudini e come ogni novità che comporta investimenti e risorse ingenti, la banda ultralarga è soggetta a rigide norme e articolati piani che ne regolano l'uso sia a livello nazionale che europeo.
La domanda a cui vogliamo dare una risposta il più possibile esaustiva è la seguente: chi stabilisce come si posa la fibra, chi può accedervi e quali obiettivi ci sono per il futuro? Vediamo insieme quali sono i principali riferimenti normativi che disciplinano la fibra ottica in Italia e in Europa.
A livello UE la cornice normativa più importante è il European Electronic Communications Code (EECC), recepito come Direttiva (UE) 2018/1972. L’EECC aggiorna le regole per reti e servizi di comunicazione elettronica, definisce cosa sia una “very high capacity network” (cioè reti ad alta capacità come FTTH) e stabilisce principi di mercato, tutela dei consumatori e requisiti per gli Stati membri.
Inoltre, l’Unione ha fissato obiettivi ambiziosi nel programma Digital Decade 2030: entro il 2030 tutte le famiglie europee dovrebbero avere accesso a una rete fissa gigabit e a connettività 5G. Questi target guidano poi le legislazioni nazionali e i piani d’investimento, ovviamente, anche in Italia.
In Italia la disciplina di base è il Codice delle comunicazioni elettroniche (Decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259), aggiornato per recepire le norme UE e adeguato con provvedimenti più recenti per armonizzarlo all’EECC. Sul piano operativo, lo Stato ha varato il Piano Strategico per la Banda Ultra Larga (Piano BUL), volto a estendere reti FTTH soprattutto nelle cosiddette aree bianche, zone dove il mercato da solo con i suoi principali player del settore non sarebbe intervenuto, perché ritenute poco competitive.
L’obiettivo è creare infrastrutture di base aperte a più operatori per favorire concorrenza e accesso diffuso. Un nodo pratico è rappresentato proprio dall'alto costo degli scavi e delle opere civili. Già la Direttiva 2014/61/EU (richiamata dall’EECC) punta a ridurre i costi permettendo il riuso di infrastrutture esistenti (cavidotti, pali, canalizzazioni) e coordinando i lavori pubblici per inserire anche infrastrutture di rete. In pratica: dove possibile, si cerca di evitare di scavare più volte la stessa strada per favorire una posa rapida e più efficiente, in termini di investimenti, della fibra.
Un ruolo chiave in Italia è svolto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), l’ente che fissa le regole tecniche per l’accesso alle reti in fibra, come le condizioni per l’accesso alla rete locale in FTTH, modalità di interoperabilità e listini.
Negli ultimi anni l'AGCOM ha adottato misure di regolamentazione simmetrica per l’accesso alle infrastrutture considerate “collo di bottiglia” (tratte terminali, adduzione), imponendo obblighi di condivisione e modalità commerciali che facilitino sia gli investimenti sia la concorrenza. Il risultato per i cittadini è una scelta più ampia di operatori grazie all’apertura delle infrastrutture con conseguenti prezzi più competitivi e servizi più veloci, mentre per gli operatori tutto questo si traduce in obblighi di condivisione in presenza di colli di bottiglia, ma anche incentivi e gare pubbliche (Piano BUL) per portare la fibra dove il mercato non basta.
Analizzando la ratio alla base delle varie disposizioni, sia nazionali che europee, emerge una tendenza normativa chiara: favorire la FTTH (Fiber To The Home) come tecnologia di riferimento, semplificare le autorizzazioni per gli scavi, rendere riutilizzabili le infrastrutture civili e monitorare il raggiungimento degli obiettivi del 2030. A livello europeo si continua a spingere su standard comuni, armonizzazione e finanziamenti (sia nazionali che UE) per ridurre il digital divide territoriale.
L'obiettivo dei vari piani di regolamentazione della fibra ottica puntano sulla semplificazione degli interventi, sulla riduzione dei costi e su un concetto sinergico di condivisione delle infrastrutture già presenti nell'ottica di mantenere un equilibrio tra investimenti, tutela della concorrenza e salvaguardia dei consumatori.
La Redazione