La conseguenza di questa disparità è l'esclusione dai vantaggi che può portare la società digitale con danni socio-economici e culturali evidenti per chi ne è colpito. Grazie alla fibra ottica si può e si deve ridurre il divario digitale. Capiamo cosa sta accadendo in Italia.
I progetti di cablaggio del Paese, dal Piano Italia a 1 Giga, all'interno del Piano Bul (Piano Banda Ultra Larga), alle iniziative di molti provider del settore TLC (vedi Open Fiber), sono fondamentali per costruire un’Italia digitale e competitiva. Secondo i dati dell’Indice DESI 2024 della Commissione Europea, infatti, l’Italia ha migliorato la sua copertura in fibra e la digitalizzazione dei servizi pubblici, ma resta indietro, purtroppo, sulle competenze digitali di base. In pratica, la rete c’è, ma non tutti sanno come usarla.
Inoltre, non tutte le zone del Paese hanno lo stesso accesso alla connettività. Le cosiddette aree bianche, quelle in cui gli operatori privati non investono perché i costi di infrastrutturazione sono troppo elevati rispetto ai potenziali guadagni, come i piccoli borghi, le zone montane, le campagne, le isole minori, rappresentano spesso territori esclusi dai benefici della trasformazione digitale.
Per ovviare a questo gap, il Governo Italiano, grazie ai fondi europei per la digitalizzazione del Paese e a quelli in seno al PNRR, (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), ha avviato un piano nazionale di cablaggio in fibra ottica con l’obiettivo di portare la fibra ottica ad almeno 1 Giga entro il 2026 anche nelle zone più remote e ostiche, come, appunto, le aree bianche.
Questo rappresenta il primo passo per una maggiore equità digitale, garantendo a tutti i cittadini l'accesso alla rete in modo veloce, stabile e performante. Una connessione veloce non è solo un vantaggio tecnologico, ma deve essere un diritto di cittadinanza digitale uguale per tutti.
Ovviamente, però, una rete veloce non basta se mancano le competenze per usarla. Molte persone, infatti, come anziani, studenti, lavoratori, non hanno ancora gli strumenti o le conoscenze per muoversi in modo consapevole nel mondo digitale. Per questo è fondamentale investire in educazione digitale e in piattaforme accessibili, capaci di adattarsi anche a chi ha disabilità visive, motorie o cognitive.
Anche in questo ambito è intervenuto il legislatore. Ne è un esempio la Legge Stanca del lontano 2004 che promuove l'accessibilità digitale per garantire che i servizi informatici e telematici siano fruibili da tutti, incluse le persone con disabilità. A ciò si aggiungono le direttive europee sull’accessibilità web che impongono standard sempre più chiari per garantire un’esperienza inclusiva a tutti i cittadini. L’accessibilità digitale, quindi, non è solo una questione tecnica: è una scelta di equità sociale.
Ridurre il divario tecnologico significa dare a tutti la possibilità di vivere, lavorare e studiare nel mondo digitale, senza essere esclusi. La sfida è grande, ma la direzione deve essere chiara: un Paese in cui la banda larga diventi sinonimo di libertà, opportunità e inclusione.
Una rete in fibra ottica diffusa e accessibile può ridurre le distanze e ogni cavo steso rappresenta un ponte verso nuove opportunità. Perché la connettività non è solo un’infrastruttura, ma è anche una leva di sviluppo economico, sociale e culturale. La connettività è partecipazione, non ce ne voglia Giorgio Gaber.
La Redazione