Il sempre connessi, tratto distintivo proprio dei nativi digitali, della Gen Z che non esiste senza social ed app, le cui attività preferite durante la giornata sono per lo più postare, linkare, commentare, scrollare sembra vivere in preda a una pervasiva dipendenza da smartphone più o meno intenzionale. Proprio per aiutare i giovani e i giovanissimi a liberarsi dallo smartphone, quell'appendice diventata indispensabile a scandire il tempo quotidiano, arriva Appstinence: la scelta consapevole di spegnere tutto.
"Ci hanno cresciuti promettendoci che la connessione ci avrebbe salvati dalla solitudine. E invece ci ha imprigionati". Queste le parole della sua giovane ideatrice, una ragazza nata e cresciuta nella Silicon Valley con un iPod in mano già a nove anni e ben avvezza al fascino dell'iperconnessione. “È come essere un topo da laboratorio,” - racconta Gabriela Nguyen . “Facevamo da cavia per un modello di vita iperdigitalizzato, credendo che la tecnologia avrebbe curato la solitudine. Non è andata così”.
Così, desiderosa di riprendersi la sua vita reale libera dal digitale, Nguyen ha iniziato il suo percorso di disintossicazione tutt'altro che semplice. Basandosi sulla sua esperienza personale, è arrivata alla conclusione che limiti d'uso e strategie morbide non servono a nulla: il taglio deve essere netto, definitivo. Tutto questo ha portato ad Appstinence, il programma che promette di liberarvi una volta per tutte dalla schiavitù digitale.
Appstinence è un protocollo in cinque fasi, il cosiddetto metodo delle 5 D:
L'approccio utilizzato s'ispira alla logica dell’astinenza usata nella ricerca sulle dipendenze, dunque, l'obiettivo è recidere con determinazione il legame tossico con lo stimolo. “Solo quando lo elimini del tutto," - dice Nguyen, “capisci quanto controllo aveva su di te”. E, proprio come i centri che combattono, per esempio, i problemi di alcolismo, Appstinence non ti lascia compiere il tuo percorso verso la libertà da solo. C'è un team di studenti, attività di coaching, strumenti pratici e momenti di confronto che ti aiutano e ti supportano lungo tutto il cammino verso la liberazione.
Quello di Appstinence non è un caso isolato. Un altro esempio è The Offline Club, un movimento nato in Olanda e già replicato in altre città, vedi Milano, che promuove un approccio meno radicale ma altrettanto valido, basato sulle "pause dal digitale", come gli "incontri disconnessi” nei caffè. Luoghi, dove, pensate un po', si può leggere, suonare, ascoltare musica, parlare, incredibile, tutto rigorosamente senza smartphone.
D'altronde, i numeri parlano chiaro: secondo una ricerca condotta dall'istituto americano Addiction Center, oltre il 6% degli oltre 6,8 miliardi di utenti globali di smartphone soffre di dipendenza clinica dal dispositivo. Il sovraccarico informativo negli ultimi anni è diventato esponenziale: in 10 anni le notifiche ricevute sono aumentate del 427%, e i messaggi inviati del 278%. Tutto questo non può non avere delle conseguenze: la mente umana, così bombardata, perde la capacità di attenzione prolungata, l’empatia reale, la capacità creativa.
E così, mentre nella Silicon Valley si continuano febbrilmente a creare app che rendono la vita "migliore", un gruppo nutrito di giovani si difende, ribadendo un concetto dalla semplicità quasi disarmante ma allo stesso tempo molto diretto: la vera innovazione è essere liberi di disconnettersi. "I social media sono un optional, perché nessuno ce lo dice?” - afferma con tono interlocutorio la fondatrice di Appstinence. La Gen Z sta iniziando a capirlo molto bene.
La Redazione