Siamo a San Francisco, all'interno di una struttura che ricorda le antiche costruzioni della Magna Grecia, tra colonne corinzie candide e perfette. E' questa la sede dell'Internet Archive, la biblioteca di internet, il luogo dove tutto ciò che è in rete minuziosamente si conserva.
La sala grande è il posto dove l'epica opera di archiviazione si compie a cura di una una torre di server neri che ospita circa il 10% dello sconfinato patrimonio digitale dell'Internet Archive, che comprende 835 miliardi di pagine web, 44 milioni tra libri e testi e 15 milioni di registrazioni audio, e altro ancora. La sensazione che si respira è quella di solennità accompagnata da un costante rumore di fondo, un ronzio, uno sfarfallio percettibile quanto basta, frutto del lavoro dei server costantemente all'opera.
Il merito e il ruolo cruciale svolto in questi anni dall'Internet Archive nella conservazione storica è indiscusso e non sarebbe affato iperbolico affermare che l'archiviazione digitale, per come la conosciamo e la intendiamo oggi, non esisiterebbe affato senza la titanica opera compiuta da questo ente no profit tanto amato e difeso dal suo primo e più fervente sostenitore, nonché fondatore: Brewster Kahle. "Penso che oggi la gente si senta investita dalla tecnologia – afferma Kahle sulle pagine di Wired Italia–. Dobbiamo riumanizzarla".
Il progetto più famoso accreditato all'Internet Archive è la Wayback Machine. Si tratta di un archivio di pagine web che funziona proprio come una videocassetta su cui è stato registrato il web, una sorta di antidoto all'oblio digitale, salvifico in alcuni casi, soprattutto di cronaca, penosa assenza in altri, soprattutto in un ottica di memoria di ciò che è stato. Anche in rete.
Nonostante il valore riconosciuto all'ente che si occupa di preservare la memoria di internet dal 1996 (sono quasi trent'anni), l'Internet Archive si è trovato ad affrontare, soprattutto negli ultimi anni, non pochi problemi, tra attacchi hacker e battaglie legali che ne hanno messo in discussione la valenza fino alla sua stessa esistenza. Dal 2020, infatti, l'ente è invischiato in una serie di procedimenti legati alla violazione del diritto di autore, come la causa Hachette v. Internet Archive, in cui alcuni editori lo hanno accusato di aver violato il copyright mettendo a disposizione versioni digitalizzate di libri fisici o la causa UMG Recordings v. Internet Archive, in cui sono le etichette musicali a muovere le stesse accuse all'organizzazione senza fini di lucro.
Perdere queste cause per l'Internet Archive significherebbe sborsare cifre astronomiche che ne decreterebbero, volente o nolente, la fine. Al momento riguardo il primo contenzioso, dopo aver vinto in primo grado, l'ente ha perso in appello e ora dovrebbe ricorrere alla Corte Suprema. Più complesso è il discorso riguardo la causa intentata dalle major musicali nei confronti della quale, dopo che il giudice ha respinto l'archiviazione, Kahle sta pensando di patteggiare, se possibile.
Ai problemi legali, come se non bastessero, si aggiungono anche quelli legati alla lotta contro i cybecriminali. Agli inizi di ottobre, infatti, il sito di Internet Archive era stato colpito da ben due distinti attacchi hacker: una violazione dei sistemi, che ha permesso di entrare in possesso dei dati di ben 33 milioni di utenti, e un attacco DDoS da parte di un presunto gruppo pro-palestinese chiamato SN_BlackMeta. A questo doppio colpo ne è seguito un altro a distanza di pochi giorni in cui i cybercriminali hanno dimostrato di poter continuare ad accedere in modo indisturbato ai sistemi interni dell'ente e di essere, quindi, ancora in possesso dei dati sensibili degli utenti.
Questi ultimi eventi, oltre alle diatribe legali, hanno fatto storcere il naso a molti. Ai detrattori storici dell'ente se ne sono aggiunti di nuovi pronti a cavalcare l'onda della polemica riguardo la poca sicurezza garantita dall'Internet Archive nella gestione della ciclopica mole di dati che mira a conservare e custodire con cura.
Quale sarà, dunque, il destino dell'organizzazione, è difficile dirlo, ma ci si augura che l'Internet Archive resista e che il suo lavoro di conservazione della memoria digitale, per sua natura effimera e volatile, resti intatto. Sarebbe davvero drammatico immaginare un epilogo come quello della biblioteca di Alessandria, vedendo bruciare tra le fiamme miliardi d'informazioni che da oltre trent'anni popolano il web.
La Redazione