La fibra ottica è una tecnologia molto sofisticata ma anche delicata, per questo i cavi devono seguire percorsi precisi, con curvature minime e giunzioni millimetriche e questa perfezione nella traiettoria è quasi impossibile da realizzare negli edifici storici, dove, i condotti interni sono spesso inesistenti o inaccessibili.
Per ovviare al problema, spesso i provider adottano soluzioni “mini-invasive”, come microtrincee, cavidotti sotterranei di pochi centimetri, o il passaggio dei cavi attraverso condotte già esistenti, come quelle elettriche o del gas.
Un’altra opzione altrettanto diffusa è l'utilizzo della cosiddetta fibra aerea che sfrutta i pali della luce o i cavi già tesi tra gli edifici. Certo non è la soluzione più elegante, ma è veloce, economica e soprattutto reversibile, quindi più accettabile dal punto di vista anche dei vincoli storici.
Oltre alle difficoltà tecniche, non va sottovalutato anche l’aspetto amministrativo. Per intervenire su un edificio vincolato, infatti, serve l’autorizzazione della Soprintendenza ai Beni Culturali, che deve valutare ogni dettaglio del progetto e spesso queste analisi così minuziose hanno dei tempi biblici che si scontrano con i ritmi del digitale: un intervento che in un quartiere moderno si conclude in due settimane, in un centro storico può richiedere mesi (se non anni) di attesa e revisioni. Le maledette lungaggini della burocrazia.
Grazie al Piano Italia a 1 Giga, il ben noto Piano Bul, e le linee guida del Ministero della Cultura, però, qualcosa anche in Italia si sta muovendo e sta accelerando le procedure, prevedendo modelli standard e interventi semplificati per la posa della fibra anche nei contesti più delicati.
Una mano arriva anche dall’innovazione che con cavi ottici ultraflessibili e sistemi di installazione “no-dig”, cioè senza scavi tradizionali, può ridurre al minimo l’impatto estetico e ambientale. In alcuni casi si utilizzano microfori di pochi millimetri o si sfruttano i vecchi cavidotti del telefono, evitando così di toccare le strutture portanti, oppure le soluzioni wireless ibride che combinano fibra e connessioni radio a 60 GHz, capaci di portare la banda ultralarga anche dove il cavo non può arrivare fisicamente.
Si tratta dei cosiddetti progetti pilota di fibra “discreta”, dove i cavi vengono posati seguendo percorsi nascosti, integrandosi nei corridoi tecnici o nelle intercapedini esistenti. Il risultato è invisibile agli occhi dei turisti, nel caso di città d'arte iconiche, come Roma, Firenze, Venezia, Napoli, ma fondamentale per la vita dei residenti e per il turismo digitale (wifi pubblico, sistemi di prenotazione smart, pagamenti contactless, videosorveglianza evoluta).
La sfida resta aperta, ma la direzione da intraprendere è chiara: la fibra ottica e la tutela del patrimonio possono e devono convivere, ma è imprescindibile trovare soluzioni che uniscano la bellezza di ciò che era con l'innovazione di ciò che c'è e ci sarà.
La Redazione